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Spettacolo
6 Ottobre 2009

Vasco, ritorno alle origini rock A 57 anni il rock

Parte da Mantova il tour del Vate di Zocca che provoca: "Ho le analisi come un bambino"

Nella vita artistica del Blasco c’è un prima che adesso si fa fatica anche solo a immaginare: era prima dei megashow negli stadi e delle folle oceaniche, quando suonava nei palasport (ultimo tour nel ’96) o molto prima ancora, nelle discoteche di provincia nel Modenese, con i fan talmente vicini che una volta Vasco buttò di peso fra il pubblico il chitarrista Massimino Riva, che oggi purtroppo non c’è più. Il nuovo tour europeo partito ieri sera dal PalaBam di Mantova recupera quel rapporto diretto fatto di sguardi puntati negli occhi e contatto fisico, con oltre due ore di concerto su e giù per trent’anni di carriera e per trenta canzoni, da La nostra relazione del 1978 – «la prima canzone dal mio primo LP» -, fino alla recentissima versione italiana di Creep dei Radiohead, Ad ogni costo, di cui il signor Rossi ha riscritto il testo. In mezzo, una cascata di emozioni forti con la solita platea in delirio, distillate in modo da riempire al meglio uno spazio fisico per pochi intimi - perché questo sono per Vasco i 5mila fra fan club e gli altri che han riempito il palazzetto mantovano rispetto agli 80mila di San Siro -, fra le ballate acustiche e le sferzate elettriche del rocker che è. E allora partenza in rock con Un gran bel film – «è una fortuna lo so che sono ancora vivo!» -, seguita da Ieri ho sgozzato mio figlio, che riporta in vita il Vasco ruspantissimo di Siamo solo noi, quando correva il 1981 e il nostro evocava con malizia montanara: «la primavera si infila sotto le gonne delle donne». E’ in gran forma il profeta di Zocca, tanto che cavalca l’asta del microfono richiamando alla memoria le gesta erotico-musicali live di Jim Morrison, su un palco ultratecnologico di schermi, strisce di led ed effetti scenici 3D. Ogni volta allenta l’atmosfera rendendola struggente, nella confessione al mondo che segnò una svolta nel suo modo di scrivere canzoni. Introduce Angeli spiegando che in realtà non possono nulla per noi comuni mortali. Poi arriva Delusa da Gli spari sopra, Stupido hotel, Un senso, il ritorno al passato di Deviazioni e il salto al 2008 col Mondo che vorrei.La band è tutt’uno con lui: Maurizio Solieri e Stef Burns chitarre, Claudio Golinelli al basso, Alberto Rocchetti tastiere, Andrea Innesti sax, Matt Laugh batteria, Frank Nemola tromba e Clara Moroni ai cori. A questo punto Vasco ridiventa il cantautore degli inizi e torna sul palco da solo con la chitarra acustica, non succedeva dai primi anni Ottanta, e attacca Sally, seguita da Dillo alla luna, e Incredibile romantica. Con Una canzone per te siamo nel 1983 di Bollicine, spunta l’animo tenero del Vasco che non ti aspetti. Gran finalone con Vita spericolata, Canzone e, puntuale a ogni concerto di Vasco che Dio manda in terra, Albachiara.
Intanto le tappe della tournée italiana si moltiplicano, mentre anche dall’estero arrivano notizie buone: esaurito l’Hallenstadion a Zurigo l’8 maggio (13mila), e buone prospettive di sold out a Bruxelles e a Londra, al prestigioso Hammersmith Odeon. Ieri il nostro gigioneggiava col proprio passato da maledetto: «Sono fisicamente in forma. Il fegato non è spappolato. Anzi i valori sono quelli di un bambino. Questo dimostra che l’erba, intesa come verdura, fa meno male dell’uva». Il Blasco fa anche sapere che ha scritto un sacco di nuove canzoni «che sentirete fra un po’». I tifosi sono avvertiti.