L’accusa è di sfruttamento dei lavoratori in opifici cinesi sparsi per la Lombardia. E arriva direttamente a un colosso della moda come la Giorgio Armani Operations, società del gruppo Armani che si occupa di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori.
Secondo i pm, l'azienda non avrebbe vigilato correttamente sulle società a cui ha appaltato le proprie produzioni, che a loro volta avrebbero subappaltato l'attività a opifici abusivi con manodopera cinese in nero e clandestina.
L'amministrazione giudiziaria è una misura che pone la società sotto il controllo di un amministratore per un periodo non superiore a un anno (prorogabile per altri sei mesi).
Le contestazioni nel dettaglio sono: mancato controllo della filiera produttiva, esternalizzazione dei processi produttivi, opifici cinesi con manodopera irregolare e sfruttata, condizioni di lavoro insalubri e violazioni in materia di sicurezza e dormitori abusivi e condizioni igienico-sanitarie precarie.
Il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano ha trovato quattro opifici irregolari con 29 lavoratori, di cui 12 in nero e 9 irregolari sul territorio nazionale.
Oltre alle denunce per caporalato, si potrebbero ricevere ammende per oltre 80.000 euro, più le sanzioni amministrative per 65.000 euro e la sospensione dell'attività per 4 aziende
Intanto la società fa sapere che: “Ha da sempre in atto misure di controllo e di prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura. La Giorgio Armani Operations collaborerà con la massima trasparenza con gli organi competenti per chiarire la propria posizione rispetto alla vicenda".
Il gruppo Armani è stato fondato nel 1975 da Giorgio Armani ed è tra le più grandi e importanti aziende della moda non quotate. I ricavi netti nel 2022 ammontano a 2,35 miliardi di euro.
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