Sciopero della fame in carcere a Milano per Alessia Pifferi. La donna 39enne condannata all’ergastolo lo scorso 13 maggio per aver ucciso la figlia Diana di meno di un anno e mezzo ( l’accusa è omicidio volontario pluriaggravato), abbandonata per una settimana in casa nel mese di luglio del 2022 e morta poi di stenti.
La Pifferi ha smesso di mangiare da un giorno e avrebbe dichiarato di non avere più voglia di vivere. Una dichiarazione simile l’aveva fatta al suo avvocato subito dopo la sentenza. La donna infatti avrebbe dichiarato di volersi spegnere come la piccola Diana.
"Sta malissimo, è distrutta", ha detto Alessia Pontenani, l'avvocato della 39enne, spiegando che già lunedì aveva preso la decisione di iniziare il digiuno: "Non fa altro che piangere".
Alessia Pifferi è, per i giudici, "capace di intendere e di volere"; nonostante la difesa abbia sempre sostenuto che sia affetta da un "grave deficit cognitivo".
E per questo non potrà essere trasferita nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova dove si trovano altre donne che hanno ucciso i propri figli e ora affrontano un percorso di recupero e cura.
All'udienza di aprile la 38enne aveva puntato il dito contro le altre recluse: "Sono stata anche picchiata dalle detenute a San Vittore e messa in isolamento protettivo, per cui quando devo uscire dalla cella per chiamare, per qualsiasi motivo, prima devono chiudere le altre detenute e poi, forse, mi fanno uscire dalla cella. Mi capita di sentire la notte le detenute che urlano dalle finestre 'Mostro e assassina. Devi morire'".
Ed effettivamente due aggressioni da parte di altre detenute nei confronti di Pifferi si sarebbero verificate a settembre 2022 e ad aprile 2023. Ma non negli ultimi mesi.
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