Il giornalismo sportivo italiano perde una delle sue voci più iconiche: Bruno Pizzul si è spento all'ospedale di Gorizia, a pochi giorni dal suo 87esimo compleanno. Con lui se ne va un pezzo di storia del calcio italiano, un narratore raffinato e mai sopra le righe, che ha accompagnato generazioni di tifosi attraverso alcuni dei momenti più esaltanti della Nazionale Azzurra.
Pizzul ha raccontato cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, diventando la colonna sonora delle notti magiche del calcio italiano. La sua ultima telecronaca ufficiale risale all'agosto 2002, segnando il suo congedo dal commento in diretta, ma non dal mondo della televisione: è rimasto un volto familiare per gli appassionati grazie alla sua partecipazione a programmi Rai come "Domenica Sprint" e "La Domenica Sportiva".
Pur avendo lasciato la telecronaca ufficiale, Pizzul non ha mai smesso di essere la voce del calcio. Indimenticabile la serata dell'11 luglio 2021, quando l'Italia di Roberto Mancini trionfò a Wembley contro l'Inghilterra, laureandosi campione d'Europa. A Cormons, il comune friulano dove è cresciuto e ha vissuto, Pizzul introdusse la finale davanti a un maxischermo, annunciando le formazioni e, con la stessa emozione di sempre, gridò alla fine: "Siamo campioni d'Europa!".
Se il calcio ha regalato a Pizzul emozioni indimenticabili, gli ha anche imposto il racconto di uno dei momenti più drammatici della sua carriera: la tragedia dell'Heysel, il 29 maggio 1985, durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. In quell'occasione, la sua voce si caricò di un dolore palpabile, costretto a narrare non la gloria sportiva, ma la morte di 39 persone e il ferimento di centinaia di altre.
"Mi sentii schiacciato dall'assurdità di essere arrivato in una bella e civile città europea per raccontare le emozioni di una partita di pallone e aver invece dovuto parlare di morte e disperazione", raccontò anni dopo.
Tra i ricordi più toccanti di quella notte, l'incontro con due giovani tifosi che gli chiesero di rassicurare le loro famiglie. "Mi chiesero di dire alle loro mamme che erano vivi. Io risposi che non potevo accontentarli, per non far preoccupare le madri di altri ragazzi che magari non ce l'avevano fatta". Un episodio che segnò profondamente il suo modo di intendere la professione e il ruolo del cronista.
Bruno Pizzul apparteneva a un'altra epoca, a un altro modo di raccontare il calcio. Le sue telecronache erano misurate, eleganti, mai sopra le righe. Ha sempre guardato con occhio critico all'evoluzione del mestiere, lamentando un eccesso di parole nei commenti moderni. "Sono bravi, certo, ma adesso i telecronisti parlano un po' troppo... Anche ai miei tempi ci dicevano di parlare poco, figuriamoci oggi".
Oggi il calcio italiano perde una delle sue voci più autorevoli, un testimone di un'epoca in cui il racconto sportivo sapeva ancora coniugare passione e sobrietà.
@Redazione Sintony News