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23 Giugno 2025

Guerra in Iran, Trump parla di cambio di regime

Donald Trump per la prima volta parla apertamente di "cambio di regime" in Iran, coniando il nuovo acronimo MIGA (Make Iran Great Again), un adattamento del suo noto slogan MAGA

Le tensioni in Medio Oriente raggiungono un nuovo picco con l'insolita dichiarazione del Presidente statunitense Donald Trump, che per la prima volta parla apertamente di "cambio di regime" in Iran, coniando il nuovo acronimo MIGA (Make Iran Great Again), un adattamento del suo noto slogan MAGA. Questa affermazione arriva in un contesto di crescente violenza e intense attività diplomatiche, mentre Israele lancia nuove offensive e l'Iran cerca il sostegno della Russia.

Nelle ultime ore, la situazione sul terreno è precipitata con una serie di attacchi incrociati. L'esercito israeliano (IDF) ha intensificato le sue operazioni, bombardando siti militari a Kermanshah, nell'Iran occidentale. Le IDF hanno dichiarato di aver colpito "siti infrastrutturali militari" e "siti di lancio e stoccaggio di missili", oltre a "satelliti militari e siti radar" con l'impiego di circa 20 jet da combattimento e oltre 30 munizioni. In risposta, sirene d'allarme hanno risuonato a Tel Aviv, Gerusalemme e in tutto il centro di Israele a causa del lancio di missili dall'Iran.

Le conseguenze umanitarie di questi scontri sono già drammatiche: un gruppo per i diritti umani, Human Rights Activists, con sede a Washington, ha riportato che gli attacchi israeliani in Iran hanno causato la morte di almeno 950 persone e il ferimento di quasi 3.500, tra cui 380 civili e 253 membri delle forze di sicurezza. L'Iran, dal canto suo, ha mantenuto un basso profilo sul bilancio delle vittime.

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A rinfocolare le fiamme, un account social associato alla guida suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei ha minacciato Israele, affermando che ha commesso un "grave errore" e "deve essere punito e verrà punito", accompagnando il post con un'immagine di un teschio con la stella di Davide e missili che cadono su una città oscurata.

Mentre il conflitto si inasprisce, la diplomazia lavora febbrilmente per contenere l'escalation. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è giunto a Mosca per colloqui con il presidente russo Vladimir Putin e altri alti funzionari russi. L'agenzia di stampa ufficiale Irna ha dichiarato che le discussioni riguarderanno "gli sviluppi dopo l'aggressione militare degli Stati Uniti e di Israele contro l'Iran". Araghchi ha preannunciato "discussioni serie e importanti" con Putin, toccando "sfide e minacce comuni".

La Russia ha condannato fermamente gli attacchi statunitensi agli impianti nucleari iraniani, con l'ambasciatore russo all'ONU che ha avvertito che l'America ha "aperto un vaso di Pandora". Nonostante il sostegno politico atteso da Putin, l'assistenza militare da Mosca sembra improbabile, data la natura di partenariato strategico, e non di difesa, che lega Russia e Iran.

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Un allarme significativo è stato lanciato da Sergei Dankvert, capo dell'ente russo di controllo e vigilanza veterinaria e sulla sicurezza alimentare, che ha avvertito che gli attacchi agli impianti nucleari in Iran potrebbero causare la contaminazione dei territori e danneggiare la sicurezza alimentare di diversi Paesi, data la vasta produzione agricola e zootecnica dell'Iran.

La potenziale chiusura dello Stretto di Hormuz, una via marittima cruciale per il transito di petrolio e gas mondiale, è una delle maggiori preoccupazioni. Il Parlamento iraniano ha approvato il blocco strategico dello Stretto, demandando la decisione finale al Consiglio supremo di sicurezza nazionale. Il Segretario di Stato americano e consigliere per la Sicurezza nazionale, Marco Rubio, ha esortato la Cina a fare pressione sull'Iran per evitare tale chiusura, sottolineando la dipendenza cinese dallo Stretto per le sue forniture petrolifere.

Le implicazioni economiche sono già evidenti: i prezzi del petrolio hanno registrato un'impennata del 4% all'apertura delle contrattazioni in Asia, stabilizzandosi poi ma mantenendo un netto progresso. Gli esperti di JPMorgan avevano già avvertito che uno "scenario peggiore" in Medio Oriente potrebbe far salire il prezzo del barile di petrolio fino a 130 dollari.

Nel frattempo, le tensioni interne all'Iran e le accuse di spionaggio hanno raggiunto un punto critico. I media iraniani hanno riportato l'esecuzione di una "spia del Mossad", Mohammad-Amin Mahdavi Shayesteh, accusato di essere il capo di una squadra informatica affiliata all'agenzia di intelligence israeliana. La magistratura iraniana ha dichiarato che è stato impiccato per "cooperazione di intelligence con il regime sionista".

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Donald Trump, in un post su Truth, ha dichiarato che "Tutti i siti nucleari in Iran hanno subito danni monumentali, come mostrato dalle immagini satellitari. Annientamento è un termine esatto!". Ha poi descritto i danni maggiori come avvenuti "ben al di sotto del livello del suolo".

Parallelamente, funzionari militari e dell'intelligence americani hanno rilevato segnali di preparativi da parte di milizie sostenute dall'Iran per attaccare le basi statunitensi in Iraq, e forse in Siria, in rappresaglia per gli attacchi statunitensi in Iran. Finora, tali milizie si sono trattenute, con i funzionari iracheni che lavorano per dissuaderle dall'agire.

Il Presidente Trump ha inoltre rinviato la sua partenza per il vertice NATO ad Amsterdam, con la Casa Bianca che ha annunciato una riunione con il Consiglio per la sicurezza nazionale nel suo programma di lunedì, prima di una partenza prevista per martedì.

 

 

 

 

@Redazione Sintony News