A partire da settembre, nelle scuole bolognesi sarà possibile richiedere un menù Halal, conforme ai precetti alimentari islamici. L'annuncio è arrivato dalla direttrice del Dipartimento Educazione, Istruzione e Nuove Generazioni del Comune, Veronica Ceruti, che ha inserito la novità all’interno di un quadro più ampio di pluralismo alimentare già adottato nel servizio mensa scolastico.
La proposta – già affiancata da opzioni vegetariane, vegane, e menù privi di carne o pesce – punta a garantire il diritto all’alimentazione consapevole e rispettosa delle diverse identità culturali e religiose. Ma se da un lato l’iniziativa viene accolta come un segno di inclusione e attenzione alle esigenze delle famiglie musulmane, dall’altro non mancano le polemiche.
Il termine Halal, in arabo “lecito”, definisce un insieme di norme alimentari previste dall’Islam, che regolano il tipo di carne consumabile e il metodo di macellazione. L’introduzione di questa opzione implica quindi non solo una selezione attenta dei fornitori, ma anche un controllo rigoroso sulla filiera, con certificazioni adeguate.
Il Comune di Bologna ha precisato che il nuovo menù sarà su richiesta delle famiglie, come già avviene per le diete religiose o per esigenze etiche e sanitarie. Il servizio sarà fornito senza costi aggiuntivi per le famiglie e in linea con le procedure standardizzate per la sicurezza alimentare.
La città emiliana non è nuova a scelte che puntano alla convivenza multiculturale. Da tempo, infatti, nelle mense scolastiche si adottano menù personalizzati, studiati per rispettare le differenti sensibilità etico-religiose. Bologna è anche una delle prime città in Italia ad aver sperimentato i menù no beef e le “giornate vegetariane” all’interno dei percorsi educativi sull’ambiente e la salute.
«È una questione di diritti, non di preferenze – ha commentato Ceruti –. La mensa è parte integrante dell’esperienza scolastica, e deve essere uno spazio in cui ogni bambino e bambina si senta accolto».
Nonostante l’intento inclusivo, l’introduzione del menù Halal ha immediatamente acceso un dibattito politico e sociale. Alcune forze di opposizione hanno parlato di “concessioni identitarie” che rischiano di trasformare la scuola in un luogo di frammentazione, mentre altri osservatori hanno accusato l’amministrazione di “cedere al multiculturalismo senza regole”.
In realtà, osservano i sostenitori del progetto, la scuola pubblica è da tempo chiamata a rispondere alla crescente diversità delle classi, e il cibo è uno degli ambiti in cui questa complessità si manifesta con maggiore evidenza. Bologna, in tal senso, si pone come laboratorio di un modello che altre città italiane stanno già osservando con attenzione.
A pesare nel dibattito è il nodo del rapporto tra servizi pubblici e fedi religiose, in un Paese che – pur dichiarandosi laico – fatica a gestire il pluralismo. La questione del menù Halal, più che una semplice scelta alimentare, diventa così un banco di prova per la convivenza culturale e la capacità delle istituzioni di rispondere con equilibrio alle sfide poste dalla società contemporanea.
«Non stiamo islamizzando le mense – ha replicato una dirigente scolastica del quartiere Navile –. Le stiamo solo rendendo più giuste e accessibili. E a beneficiarne saranno tutti, perché parlare di cibo è anche parlare di rispetto, cultura e dialogo».
Mentre alcuni genitori plaudono alla scelta come segno di civiltà e apertura, altri chiedono maggiori controlli e trasparenza. L'amministrazione ha garantito che non ci saranno modifiche ai menù standard e che ogni opzione sarà accessibile solo su richiesta motivata.
Intanto, la decisione bolognese sta già facendo scuola. Diverse città – da Torino a Firenze – stanno valutando l’estensione dei propri menù scolastici per riflettere la diversità crescente della popolazione studentesca.
@Redazione Sintony News