L’introduzione dei nuovi dazi statunitensi su un’ampia gamma di prodotti europei rischia di colpire duramente anche l’economia sarda. A lanciare l’allarme è il Centro Studi di Confindustria Sardegna, secondo cui l’impatto diretto sulle esportazioni regionali potrebbe valere fino a 25 milioni di euro all’anno, una cifra significativa per un sistema produttivo già fragile.
Pur rappresentando “solo” l’1,6% del fatturato regionale, le esportazioni verso gli Stati Uniti rivestono un ruolo strategico per alcuni settori chiave, primo fra tutti il lattiero-caseario, comparto che da anni traina l’export isolano con oltre 100 milioni di euro l’anno di vendite negli USA. I nuovi dazi, annunciati ieri con un ordine esecutivo dal presidente Donald Trump, non entreranno in vigore prima del 7 agosto, ma già si teme un effetto domino sull’economia locale.
Secondo l’analisi di Confindustria Sardegna, un dazio del 15% sui formaggi e derivati comprometterebbe la competitività delle aziende sarde negli Stati Uniti, col rischio di una fuga dei buyer americani verso mercati alternativi meno colpiti dalle barriere commerciali.
Ma la minaccia non si ferma al latte e ai suoi derivati. Anche i vini, gli oli vegetali e i prodotti da forno – con un volume di esportazioni verso gli USA compreso tra 2 e 9 milioni di euro nel 2024 – sono in allerta. Per questi comparti, gli Stati Uniti rappresentano fino al 30% del mercato estero. «Una quota troppo rilevante per essere rimpiazzata in tempi brevi», avvertono gli esperti.
«I nuovi dazi annunciati dagli Stati Uniti rappresentano una minaccia concreta per diversi comparti produttivi della Sardegna», ha dichiarato Andrea Porcu, direttore del Centro Studi di Confindustria Sardegna. «Serve una risposta tempestiva, che preveda misure di tutela per le imprese, ma anche investimenti per rafforzare la capacità del nostro sistema produttivo di trovare nuovi mercati di sbocco. L’incertezza geopolitica – ha aggiunto – rischia di provocare un effetto moltiplicatore ancora più dannoso dello strumento tariffario in sé».
Nel report, Confindustria Sardegna evidenzia la necessità di diversificare i mercati di destinazione, una strategia che si scontra però con la realtà di settori radicati e specializzati, come quello del vino, fortemente orientati agli USA. Ma, in un quadro globale instabile, ridurre la dipendenza da pochi mercati resta una priorità. La parola d’ordine è: innovazione, competitività e visione di lungo periodo.
Gli operatori del settore agroalimentare sardo, attraverso Confindustria, chiedono ora un tavolo permanente con il governo nazionale e il supporto della Regione per rafforzare i canali alternativi, aprire nuovi corridoi di export e sostenere la transizione verso mercati più resilienti.
Il tempo, però, stringe. E il conto, per la Sardegna, rischia di essere salato.
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