
Emergono nuovi dettagli sul delitto di Conca Entosa, che hanno aggravato ulteriormente la posizione di Emanuele Ragnedda, l’imprenditore di Arzachena accusato dell’omicidio di Cinzia Pinna. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e confermato in parte dallo stesso indagato, la sera del 12 settembre la donna, già colta da un malore in strada, sarebbe stata convinta a salire sull’auto dell’uomo, che pur consapevole delle sue condizioni le avrebbe offerto cocaina.
Un gesto che la procura di Tempio, con la pm Noemi Mancini titolare dell’indagine, considera un’aggravante decisiva: non solo Ragnedda avrebbe portato con sé una persona fragile e instabile, ma le avrebbe somministrato droga peggiorando il suo stato. Pinna, dopo un apparente miglioramento seguito ai primi soccorsi, sarebbe entrata in una seconda crisi più grave, innescata da cocaina e vino consumati nella casa di campagna di Conca Entosa. Qui, secondo gli inquirenti, non è escluso che Ragnedda abbia tentato anche un approccio sessuale, prima di esplodere i colpi di pistola che hanno posto fine alla vita della donna.
Il corpo della vittima, rimasto due settimane all’aperto, sarà sottoposto da lunedì 29 settembre a esami autoptici innovativi: non solo la tradizionale autopsia, ma anche indagini di imaging, come TAC fotonica e risonanza magnetica, per ricostruire con precisione traiettoria e collocazione dei proiettili. L’avvio delle operazioni è stato notificato alle difese: l’avvocato Luca Montella, legale di Ragnedda; i legali del secondo indagato, Antonello Desini e i penalisti Maurizio e Nicoletta Mani; e gli avvocati Antonella e Nino Cuccureddu, in rappresentanza della famiglia della vittima.
Parallelamente i carabinieri stanno cercando i telefoni cellulari mancanti, in particolare quello di Cinzia Pinna, e stanno approfondendo il tema della pistola usata nell’omicidio: un’arma regolarmente detenuta da Ragnedda, nonostante fosse noto da tempo il suo rapporto problematico con la cocaina.
@Redazione Sintony News