Braccia incrociate a formare una X, simbolo di una vita cancellata. Poi altre che si levano verso l’alto, a indicare attesa e speranza, e altre ancora rivolte verso il basso, in segno di remissione. Ai lati, immagini evocative: l’eterno riposo, l’arma che ha tolto la vita e un albero di vite, a memoria del luogo in cui il corpo è stato ritrovato.
È così che l’artista sardo Nicola Urru ha scelto di rappresentare Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo uccisa l’11 settembre all’interno di un casolare a Conca Entosa, tra Palau e Arzachena. Un altorilievo collocato sulla spiaggia di Platamona diventa memoria tangibile di un femminicidio che ha scosso la Sardegna e l’Italia intera.
«L’atto stesso del femminicidio è la manifestazione estrema della violenza di genere, un sintomo di una società che non ha ancora sradicato la cultura del possesso e della sopraffazione», ha scritto Urru sui social presentando l’opera. L’artista denuncia anche il rischio che la narrazione mediatica privilegi lo status sociale dell’assassino, in questo caso l’imprenditore vitivinicolo Emanuele Ragnedda, reo confesso, a discapito della memoria della vittima: «Questo approccio può minimizzare il crimine e distogliere dall’orrore del femminicidio».
Il messaggio è chiaro: l’attenzione deve restare sulla vittima e sulla necessità di costruire una cultura del rispetto. «È fondamentale – conclude Urru – che i media adottino un racconto etico, rispettoso e centrato sulla grave ingiustizia subita da Cinzia».
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